Questo è un breve racconto con il quale ho partecipato a un concorso qualche mese fa (concorso che ancora non ha avuto un esito). E' il prologo di un libro che sto scrivendo (con mooooolta calma) :) ditemi se vi piace e se secondo voi il libro che ne seguirà promette bene ;)
Homeless. L’abbandono ha inizio.
19 Novembre 2197
Roma
Oggi il papà è stato licenziato. Stamattina è andato in laboratorio, come sempre, ma
è ritornato prima del solito. Io mi ero appena seduto a tavola, dopo aver discusso
con mia madre perché volevo continuare a usare il mio gioco. Era un trenino senza
una ruota. Mi piaceva quel trenino. È arrivato, mi ha arruffato i capelli sorridendo
mestamente, poi a guardato triste mia madre. Lei ha lasciato cadere i piatti di plastica
che stava portando a tavola e si è messa a piangere. Ho urlato stizzito: la mia carne in
scatola si era tutta rovesciata a terra e io avevo fame. Ho chiesto cosa avrei mangiato
adesso, ma non ho ricevuto risposta. Si aspettavano entrambi da molto tempo quella
notizia. Sono usciti dalla stanza dove viviamo, sono passati alcuni secondi poi sono
rientrati, lei piangeva. La mamma si è andata ad accovacciare in un angolo
al buio, tenendosi le ginocchia, i capelli le coprivano il viso come un velo. Il papà
invece è venuto da me e mi ha abbracciato. Gli ho domandato che cos’era successo,
ma lui mi ha risposto semplicemente che presto avremmo fatto una vacanza a Milano
a casa dei nonni. Non torneremo, ho pensato. Sono rimasto seduto, in attesa che mi
fornissero qualcosa da mettere sotto i denti. Magari del pane. Dio, quanto mi piaceva
il pane. Quando ho capito che non mi avrebbero portato niente, mi sono alzato dalla
sedia piagnucolando e sono tornato a giocare. Mi sono tolto la maglietta e l’ho
lasciata cadere per terra. Faceva molto caldo, anche per Novembre, stavo sudando e
solo di lì a quattro giorni sarebbe stato il nostro turno alle docce condominiali. Per
fortuna che ci stavamo per trasferire dai nonni. Era da tanto che non andavo a casa
loro, ma se non mi ricordavo male loro avevano una doccia tutta loro. Una doccia!
3 Dicembre 2197
Milano
Mamma e papà mi hanno detto di dormire, ma io non ce la faccio. Spero solo che non
scoprano che sto scrivendo a letto, se no si arrabbiano. Oggi, verso pranzo, siamo
arrivati a casa dei nonni. Le strade erano affollatissime: probabilmente non siamo gli
unici ad avere sentito che Milano è l’ultimo baluardo dei lavoratori. Papà ha salutato
i nonni ed è andato subito al centro di smistamento, per trovare un lavoro prima
che tutti i migliori vengano presi. Quando sono venuto in camera non era ancora
tornato, ma adesso non so. Ho sentito la porta aprirsi e chiudersi un paio di volte, ma
poteva essere nonno Claudio che tornava dalla passeggiata con Claus, il loro vecchio
bassotto. I nonni sono abbastanza giovani e simpatici, anche se il nonno tende a
diventare un po’critico nei confronti del governo, soprattutto poco prima di andare a
dormire. Quando iniziano a parlare di politica, si dividono in due schieramenti: mia
madre e mio nonno si oppongono al governo, mio padre e mia nonna si oppongono a
mia madre e a mio nonno. Ho chiesto a nonna Elena se potevo farmi una doccia, ma a
quanto pare le valvole vengono aperte solo tre volte la settimana; sempre
meglio del condominio. E poi i nonni domani andranno a fare richiesta all’”Ufficio
Smistamento Risorse” per avere l’elettricità necessaria a mettere in funzione il
frigorifero. Chissà se potremo magiare più verdura fresca: sono stanco di ingurgitare
solo zucchine e carote liofilizzate.
25 Dicembre 2197
Milano
Per fortuna negli ultimi tempi le temperature si sono un po’ abbassate, le giornate si
fanno più corte e piacevoli e l’altro giorno un piccolo stormo di uccelli ha sorvolato
il centro. Ne hanno parlato persino i giornali: credo che non accadesse più da due o
tre anni. Ma non è questa la vera notizia. Oggi è Natale! Tutti i bambini del Piccolo
Continente hanno ricevuto un regalo non solo dalla propria famiglia, ma anche dal
governo. Il mio è arrivato poco fa: un sacchetto di noccioline caramellate, che ci
siamo divisi io e la nonna. Ho chiesto anche al nonno, a mamma e papà, ma loro
non ne hanno voluta nemmeno una. I miei genitori mi hanno portato al mercato e
mi hanno lasciato scegliere un frutto, così siamo tornati a casa con ben un chilo di
mele. Quando mi giravo mio padre lanciava degli sguardi strani a mia madre, a metà
tra il felice e il preoccupato, pensando che io non vedessi, ma io me ne sono accorto
lo stesso. A cena mia nonna ha cucinato un po’ di carne e un brodo e le mele hanno
fatto da dessert. Prima di andare a letto ci siamo messi un po’ accanto alla finestra,
ad ascoltare le musiche natalizie che fuoriuscivano dagli altoparlanti sparsi sui tetti.
Questo è stato senza dubbio uno dei migliori natali di sempre.
16 Luglio 2198
Milano
Fa un caldo infernale. Non come al solito, questa volta è seria. Il governo ha fatto
numerosi avvisi su tutte le frequenze radio per avvertire la gente di uscire di casa
il meno possibile, sempre con almeno una bottiglia d’acqua, mai da soli e mai per
più di dieci minuti, soprattutto per le persone anziane e i bambini. È più di una
settimana che posso guardare il cielo solo attraverso il vetro opaco della finestra in
sala da pranzo. Vorrei strapparmi la pelle di dosso, le ossa mi si sciolgono come
ghiaccio. La mamma cerca di stare allegra, ma si vede che soffre molto più di me.
Non si è ancora ripresa del tutto dall’aborto che ha avuto tre mesi fa. Neanche il
papà si è ancora rassegnato al fatto di non poter avere figli solo perché non possiamo
permettercelo. Considerando il fatto poi che lei ha fatto tutto di testa sua, di nascosto,
senza nemmeno interpellarlo, non ha fatto altro che peggiorare la situazione. Adesso
litigano quasi ogni sera, le urla si sentono benissimo in camera mia. Ogni notte
la mamma si addormenta con la testa appoggiata su un cuscino impregnato dalle
sue stesse lacrime e si sveglia con gli occhi rossi. I nonni le chiedono spesso se ha
bisogno di aiuto, ma lei sminuisce e dice loro di non preoccuparsi. Il governo ha
appeso in centro un cartellone con su scritto il numero delle persone morte per il
caldo nella provincia, aggiornata in tempo reale, come monito per tutti coloro che
decidono spontaneamente di non seguire le norme di sopravvivenza. Ha già raggiunto
quota quattro milioni e continua ad aumentare vertiginosamente.
22 Settembre 2198
Milano
Non avevo mai visto mio padre piangere prima. Ma oggi l’ha fatto. È tornato a
casa tetro, i miei nonni erano andati all’angolo della strada per fare la loro doccia
settimanale. La mamma era in cucina, lui l’ha raggiunta, si è seduto a tavola e si è
messo a piangere. Lei non riusciva nemmeno a guardarlo. Sono più di sei mesi che
non riesce a trovare un lavoro, anche se per un po’ ha provato a tenercelo nascosto.
Oggi deve averlo rifiutato l’ennesimo ufficio di collocamento, così domani dovremo
lasciare l’appartamento dei nonni. I giornali e la gente che passa, così di rado
ormai, per strada, parlano di “crisi finanziaria senza precedenti”. Per me non è così
grave. Insomma, anche se non dovessimo trovare un’altra casa, dormire per strada è
divertente, no?
19 Dicembre 2198
Milano
Ho fame. Non è una fame sana. Vorrei mangiarmi un dito, ma sono troppo stanco
anche solo per alzare le mani, figurarsi se riuscirei mai a masticare. La nonna e
il nonno sono qua di fianco a me, su uno scatolone lercio che probabilmente una
volta serviva a contenere dei biscotti o qualcosa del genere. Mamma è andata a
cercare di racimolare qualcosa da mangiare, ma ormai è fin troppo difficile. Ieri era
il mio decimo compleanno, ma cose come questa non interessano più a nessuno. Il
cartellone in centro è ancora lì, ma ora conta anche i morti di fame e di stenti, oltre
che i morti di caldo. Ha raggiunto quota due miliardi e dieci milioni, probabilmente
qualcosa di più. Papà è andato a fare il volontario negli ospedali da campo che si
formano continuamente per le strade, lo vediamo poco, ma quando torna nel nostro
vicolo porta medicinali, camici e persino del cibo a volte. Fra sei giorni sarà Natale,
ma nemmeno di questa festa si interesserà nessuno. Ho dieci anni, perché mi sento
come se ne avessi novanta?
1 Gennaio 2199
Milano
Stiamo partendo. Ci spostiamo a Torino, non ho capito bene se con il treno o
l’autobus. Stamattina il presidente della Repubblica ha fatto il suo solito discorso
del primo dell’anno e la città è esplosa, tra lacrime e grida: ce ne andiamo. Non solo
io e la mi famiglia, tutti. Tutta l’umanità, tra tre anni, partirà per conquistare nuovi
pianeti: la Terra oramai è diventata troppo inospitale. Troveremo due o tre nuovi
pianeti che ci possano ospitare tutti, con il cielo azzurro, o verde, non mi interessa.
Basta che non ci sia così caldo e che ci siano cibo e acqua per tutti. Domani inizierà
la costruzione delle navicelle che ci porteranno nello spazio. In Italia i lavori si
svolgeranno in Piemonte, Trentino, Friuli e Veneto. Più siamo vicini alle Alpi, più ci potremo
aiutare a vicenda con gli altri stati. L’edificazione delle navicelle creerà posti
di lavoro, e anche se non saranno pagati, di sicuro là troveremo cibo a sufficienza.
Però non siamo gli unici che ci hanno pensato: tutto il centro e il sud Italia si stanno
dirigendo verso quelle quattro regioni, miliardi di persone che si muovono in massa, come
uno sciame di locuste.
20 Gennaio 2201
Torino
Mi sto nascondendo: molta della gente che c’è per strada non esiterebbe un secondo a linciarmi
per poi mangiare la mia carne. Sono ormai mesi che le persone, in casi estremi, si mangiano tra
loro. La rivolta imperversa in tutto il mondo da tre giorni ininterrotti.Tutto è iniziato con il discorso
del segretario della Nazioni Unite. Da quasi 2 anni uomini e donne di tutto il mondo lavorano alla
costruzione delle navicelle, e ora questo: “ E’ nostro doloroso dovere informarvi che, per motivi di
sopravvivenza, non sarà permesso a nessuna famiglia con un reddito mensile inferiore ai 3 miliardi
di euro di salire sulle navicelle”. Noi che dobbiamo rimanere giù abbiamo un nome ora: i cittadini
comuni ci chiamano Homeless, ma i giornali ne usano un altro: “Hopeless, i senza speranza”
1 Gennaio 2202
Torino:
Stanno partendo. Gli ultimi mesi sono stati frenetici: i governi hanno deciso, a loro dire per il nostro
bene, che è meglio se la civiltà sparisce completamente, quindi si sono portati via tutto: metallo,
risorse, centrali elettriche, mezzi di trasporto, antenne, anche alcuni palazzi. Le cose troppo grandi
sono state distrutte o inabissate. Il livello del mare si è alzato di alcuni centimetri in tutto il mondo.
Se la gente non se ne andava la uccidevano. Ci sono stati miliardi di morti: la mamma, il papà, la
nonna sono morti tentando di proteggere il capannone dove dormivamo. Mi è rimasto solo il nonno
e a lui sono rimasto solo io. Anche lui sta guardando sconsolato il cielo. Ecco : le luci dell’ultima
navicella sono sparite, perse chissà dove nell’infinito. Non ci sono più. Siamo soli.
Per la prima volta da anni, sento freddo.